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#PROGETTI DI ARCHITETTURA RESIDENZIALE
Interni italiani
Undici progettisti coordinati da Beppe Finessi ed aiutati dal filosofo Francesco Cataluccio hanno progettato «le stanze. Mostra di concetti viventi novelli» al XXI Milan Triennale. #21triennale
In un saggio delle sue stanze della gioventù: La parola e l'illusione nella cultura occidentale (1977), Giorgio Agamben hanno preso la stanza della poesia italiana del XIII secolo come guida e del modello teorico per la sua ricerca filosofica.
Questa griglia metrica permette alla poesia, con la sua capacità di creare i mondi, di giustificare la sua appartenenza e la sua libertà di espressione. Questa strategia intellettuale sembra sostenere l'approccio curatoriale adottato da Beppe Finessi per «le stanze. Mostra di concetti viventi novelli». Undici progettisti delle generazioni, dei vocabolari differenti e degli approcci da progettare sono stati chiesti di progettare «una stanza» come spazio vitale paradigmatico e di ristabilire un ruolo culturale del centro ad interior design. La storia di progettazione italiana è punteggiata con gli episodi in cui l'interior design è stato visto come un'officina e campo sperimentale in cui sviluppare le idee collegate agli oggetti e la loro determinazione nello spazio architettonico. Tantissimi arredamento e luci in primo luogo provenuti dalle proprietà private, in cui i progettisti hanno trovato il terreno fertile su cui sviluppare il loro proprio vocabolario e un limite poetico agli oggetti che successivamente sono entrato in fabbricazione in serie.
Pensi semplicemente agli interni di Gio Ponti e, in particolare, alla casa Laporte a Milano, un vero habiter del à della macchina che egli stesso ha descritto come sistema filosofico in cui la novità risieduta non in una nuova forma per l'espressione del qualcosa ma in un nuovo modo di concepimento. Così, vivere, adatto ed afferrato intelligentemente dal curatore, deve essere definito come pensiero, come concetto dei mondi.
Per infondere una struttura teorica e narrativa più profonda nella progettazione curatoriale, Finessi ha chiesto a Francesco Cataluccio di selezionare un testo seminale per ogni stanza cui avrebbe offerto le assonanze con ed avrebbe stimolato i pensieri sulle progettazioni differenti. I testi sono stati attirati a partire dal periodo fra 1985, dall'anno di ultimo Triennale, all'oggi ed hanno svolto un ruolo importante nell'avviamento la riflessione e del dibattito, in una traiettoria di pensiero che inizio dall'innalzamento della consapevolezza sulla crisi di razionalismo e dell'estremità con la critica di modernità e dell'impatto della rivoluzione digitale. Sistemato sul pianterreno del della Triennale di Palazzo, la mostra si apre con un'estesa selezione degli interior design che hanno segnato la cultura vivente italiana moderna, trasportante vari approcci che è l'eredità reale dell'architettura in Italia. Questa introduzione storica, caratterizzante 50 progettazioni architettoniche che datano a partire dagli anni 20 al presente, rivela una pluralità di poetiche che ondeggiano fra rigore e la sperimentazione, narrante una storia raccontata da molte voci che non riposa sui canoni dominanti ma sembra polifonica e policentrica – caratteristiche ripetute dalle stanze dei progettisti invitati.
Umberto Riva ha eseguito il suo compito via sottrazione elegante e con la semplicità tenuta per sviluppare una riflessione sulla vita minima. La La Chambre minuta di Riva avvia un dialogo aperto con il Cabanon di Le Corbusier, immerso in una luce tenue e calda che accompagna la lettura di un sistema integrato dei materiali, soprattutto il legno di betulla e l'arredamento che si adatta alle direzioni ed alle linee di spazio per generare la gioia di equilibrio e per formare un corpus completo appena 16 metri quadri nella dimensione. Per approvare la progettazione, un'azione quasi spirituale dall'architetto milanese, Cataluccio ha scelto il discrétion ou l'art de disparaître della La del libro dal filosofo francese Pierre Zaoui, un lavoro che identifica la discrezione come strategia di sopravvivenza per sfuggire alla costrizione dei nostri periodi.
Nelle sue risonanze, Andrea Anastasio, un filosofo smesso a progettazione, riflesso sul nostro spazio vitale come posto dove le relazioni umane sono consolidate, strutturato o negato. Un pezzo del teatro in cui tutti gli elementi si esprimono via affermazione ed il rifiuto simultanei, modellante architettura con la ditta ma i segni non ostentati ed offrente la probabilità affermare o negare una dimensione in cui ascoltiamo noi stessi, altre ed il mondo.
Il risultato è un pezzo di scrittura spaziale che caratterizza un theatricality Wilson del tipo di di Bob in cui i pali sviluppati sono essenziali e definiti in tutta la loro purezza: interno-esterno, microcosmo-macrocosmo, isolamento-relazione e dialogo-indifferenza. L'arredamento soddisfa i bisogni fondamentali di vita quotidiana: lo tavola-letto-stoccaggio ed è tagliato in due da una tenda semi-trasparente. È questo elemento del peso leggero eppure potente che trasporta la sensibilità di tutto il Anastasio ed invita la riflessione su un nuovo umanesimo di progettazione ma senza clamore o rumore di fondo. L'ursus della stanza del proprio forte di Duillio scoppia con tutta la vitalità di coloro che gradisce mettere le mani sporco nel trambusto senza fine delle cose che formano l'architettura. La sua struttura zoomorphic riflette sulla relazione fra la natura e l'espediente, nella ricerca di una pratica informata in accordo con l'ambiente circostante. Il legno ed il metallo sono le materie prime scelte per modellare uno spazio abitato in dai numerosi oggetti, sculture, libri e dalle immagini collegati al mondo scandinavo, alla mitologia ed alla dimensione del viaggio.
Fabio Novembre, con il suo segno di neo-barocco, ha progettato la cavità di INTRODUZIONE che ritorna ad origine di vita, dove che è fusa fuori nel mondo riacquista la sua proporzione nell'utero suggerito di grande madre.
La proposta di Alessandro Mendini sembra, invece, negare la possibilità che la vita possa trovare la sua propria forma completa e comoda. Per le mie prigioni, Mendini ha scelto un laminato ottico di b/w come materiale capace di espressione del suo disagio. «Il laminato mi ha sedotto così completamente che deve essere la fonte dell'ossessione decorativa con i segni infiniti (…) Se provo ad individuare l'inizio vero e distante del mio ergastolo di progettazione, delle mie prigioni, io trovilo nella superficialità delle superfici, non nella profondità di spazio e della forma. » Francesco Librizzi ha continuato la sua ricerca sulle strutture leggere che propongono D1, uno spazio di sviluppo dominato dalle forme ellittiche del metallo. Claudio Lazzarini e la La di Carl Pickering rivaleggiano la rosa dell'en sviluppa una dimensione spaziale che caratterizza gli strati a quale si applica una pittura fotovoltaica speciale, indicando una traiettoria possibile per la vita autosufficiente come una energia.
Carlo Ratti ed il suo ufficio hanno progettato il Ascensore-pezzo, un paesaggio dell'arredamento nel movimento che usa la tecnologia per adattarsi ai cambiamenti costanti nella funzione.
Elisabetta Terragni ha immaginato le sue cose mettenti nella prospettiva come avamposto della riflessione di lasciare gli utenti liberamente per scegliere le coordinate per il modo che pensano e che abitano nel mondo.
Con l'assenza di presenza Marta Laudani e Marco Romanelli ha progettato uno spazio del tipo di fase per un teatro della vita di ogni giorno, fatto delle isole riunite e ben definite dalle tende, in cui realizzare varie azioni, dall'intimo al familiare.
Manolo De Giorgi invita il movimento con in tondo dove lo spazio è definito come flusso integrato delle funzioni e delle emozioni via le linee d'intersezione di energia.
Questa estesa matrice degli interni trasporta una dimensione della vita contemporanea che si siede bene con il tema XXI secolo di XXI del Triennale «. Progettazione dopo progettazione».


