#PROGETTI PAESAGGISTICI E URBANISTICI
L’oro blu del nuovo Sheraton Park a Doha
Una delle ultime trasformazioni a Doha, Qatar, riguarda l’apertura di un nuovo parco che va a prolungare l’eccezionale sequenza di spazi pubblici che articolano l’affaccio della città sul mare.
Come tutte le città del Golfo, che da questa parte del mondo viene chiamato Arabico (grazie al peso geopolitico della penisola, capace di rubare la scena alla foce del Tigri e dell’Eufrate e di molti altri fiumi dell’antica Persia), Doha ha la caratteristica di essere cresciuta in fretta e di trasformarsi ogni giorno.
Una strada percorsa fino a ieri, oggi è sbarrata perché un nuovo cantiere è stato aperto; una delle tante recinzioni che impediscono la via e lo sguardo improvvisamente non c'è più e un nuovo pezzo di città si apre alla vista e alla scoperta.
Una delle ultime trasformazioni di questa “città in cantiere” riguarda l’apertura di un nuovo parco che va a prolungare, questa volta verso l’entroterra di West Bay (il cuore amministrativo e finanziario della nuova Doha), l’eccezionale sequenza di spazi pubblici che articolano l’affaccio della città sul mare. Una passeggiata continua di sette chilometri collega infatti l’area originaria della città (la zona del vecchio porto oggi occupata dal bellissimo Museo di Arte Islamica di Pei e dal suo parco), con la corniche pedonale punteggiata dagli intrecci colorati della pavimentazione e dalle palme, proseguendo col parco sul mare di West Bay, sino all’area compresa tra il monumentale Sheraton Hotel e l’appena inaugurato Convention Center.
Un insieme eccezionale non solo per dimensioni ma perché ogni suo elemento sembra pensato per primeggiare sui vincoli della natura e della tecnica, ridisegnando il paesaggio piatto e desertico e la costa, un tempo lineare, attraverso architetture e scene urbane frastagliate, capaci di disegnare nuove geografie, di moltiplicare la diversità e le superfici esposte al sole e al mare.
In questo contesto, che ha portato scintillanti torri di vetro e acciaio a spiccare come guglie di montagne sotto al sole tropicale, a rinegoziare più volte il confine tra la terra e il mare (West Bay come The Pearl e l’ancora in cantiere Lusail sono tutti quartieri costruiti su terreni artificiali), a far fiorire giardini e prati all’inglese in un paese dove l’acqua dolce si ottiene soltanto desalinizzando l’acqua del mare, il progetto di Arup Landscape non poteva che rilanciare.
Il parco è un trionfo di giochi d’acqua, fontane sonore, cascate, persino un grande specchio d’acqua bassa, attraversato da invitanti pedane, che sembra fatto apposta per trasformarsi in una vasca per giocare.
Una maglia di losanghe irregolari, disegna sugli oltre sette ettari di suolo, un sistema di percorsi che delimitano aree dalle caratteristiche diverse, destinate a ospitare i picnic e i momenti di relax del weekend al riparo, rispetto alla strada, di due grandi colline di prato (che riprendono il disegno delle già familiari colline del parco del MIA, dall'altra parte della baia). Al di là delle colline, perfette per fare un po' di movimento, per giocare a rotolare e per godere del paesaggio insolito dei grattacieli che vi svettano sopra come affiorassero da prati di montagna, l’immancabile zona giochi e sabbia, i pergolati fioriti e poi ancora i percorsi tra il sistema di aiuole a gradoni, vasche e cascate d’acqua che giocano con lo sbalzo di quota legato alla presenza di un grande parcheggio (a servizio del nuovo centro congressi) sottostante l’intera area del parco.
Per West Bay, che oltre a banche, uffici e ministeri ospita una certa densità abitativa, e in generale per questa città che ha nei parchi uno dei pochi punti di incontro tra una popolazione generalmente molto segregata (cioè divisa tra permessi di residenza con livelli di libertà e standard di vita profondamente differenti), questo parco rappresenta senza dubbio un nuovo elemento positivo, un nuovo grande playground all’aperto e senza recinti, capace di far felici adulti e bambini, liberi di scorrazzare e giocare con l’acqua in tanti modi diversi.
Dal punto di vista del metabolismo complessivo della città, ovvero di quel sistema di flussi di materia ed energia costantemente in entrata e uscita da ogni città, questi prati andranno ad aumentare il consumo idrico di una regione che ha già il triste primato di quasi 600 litri a persona al giorno. Ma anche da questo punto di vista Doha sembra in movimento e molte novità sono in cantiere.
Oltre ad avere avviato un’importante campagna di comunicazione per alzare il livello di consapevolezza sull’importanza del risparmio idrico, le autorità locali stanno infatti investendo 4,5 miliardi di dollari sulla sperimentazione e la realizzazione di nuovi impianti di desalinizzazione, di stoccaggio dell’acqua dolce e di trattamento delle acque reflue: un investimento che equivale a oltre quattro volte quanto dedicato alla costruzione dei nuovi stadi per i mondiali di calcio del 2022.
L’acqua, anche per il Qatar, è già l’oro blu del presente.
Con risorse di superficie ormai scomparse (l’insediamento originario di Doha era sorto intorno a un torrente, ancora visibile nelle foto dei primi anni ‘50 ma ormai completamente prosciugato, e destino analogo hanno vissuto gli altri wadi della regione) e risorse di profondità inutilizzabili per l’alto contenuto di minerali, il Qatar può oggi contare soltanto sulla desalinizzazione dell’acqua del mare: un processo altamente energivoro ed ecologicamente problematico. Se infatti avviene fondamentalmente riciclando il calore prodotto dalle centrali elettriche per riscaldare l’acqua sino a farla evaporare (e poi ricondensare in forma d’acqua dolce), il sale residuo viene rigettato in mare, con una conseguente alterazione dell’ecosistema del golfo.
La ricerca di forme di desalinizzazione più efficienti, che il Paese sta finanziando con la realizzazione di un nuovo impianto sperimentale, riguarda le tecniche dette di “osmosi inversa”, in cui l'acqua del mare viene spinta a pressione (con minore richiesta di energia rispetto all’ebollizione) contro una membrana che trattiene il sale. Ma l’altro fronte essenziale per ridurre l’impronta idrica e rendere la desalinizzazione stessa più sostenibile è quello del risparmio: attraverso la riduzione dei flussi di consumo ma anche e soprattutto la loro riorganizzazione, con tecniche di trattamento delle acque reflue che rendano possibile il loro riutilizzo per l’irrigazione dei giardini, per gli impianti di condizionamento, per i cantieri e anche per l’agricoltura.
Tra acqua e cibo infatti esiste un legame molto più profondo di quello che spesso immaginiamo. Dietro una tazzina di caffè ci sono 140 litri d’acqua, dietro un hamburger 2.400, necessari per irrigare i campi e per i processi di produzione. Se dunque al momento la quasi totalità del cibo in Qatar arriva dai paesi vicini (con risorse idriche maggiori e ancora in grado di irrigare, come l’Arabia Saudita, la Giordania, il Libano) oltre che via cargo dalle più distanti località del mondo (in questo caso con una altissima impronta ecologica legata al settore alimentare), lo scenario di un possibile riutilizzo delle acque trattate, rende possibile immaginare una agricoltura locale a basso costo e basso impatto ambientale.
Ma riorganizzare gli impianti e le reti di quello che in ogni città del mondo rappresenta il maggior flusso di materia dell’ecosistema urbano, è una sfida tecnicamente e culturalmente complessa. Il Qatar sta oggi lavorando alla definizione di un nuovo masterplan integrato per la gestione dell’intero ciclo delle acque e ha appena inaugurato il primo impianto di trattamento delle acque basato sulla tecnologia a radiazione ultravioletta piuttosto che sul tradizionale (e inquinante) trattamento al cloro, il primo a produrre acque trattate di elevata qualità, finalizzate all’irrigazione. La strada da compiere per abbassare l’impronta idrica e complessivamente l’impronta ecologica della regione è sicuramente ancora lunga, ma il livello di investimento dedicato a questa risorsa dimostra ancora una volta la capacità di visione di questo piccolo paese circondato dal mare.
Mentre i giochi d’acqua e la grande piazza-piscina dello Sheraton Park, con il loro carattere ludico e monumentale, aggiungono un altro piccolo gioiello al paesaggio artificiale e allo spazio pubblico di questa città, non ci resta che sperare che anche il nuovo piano di efficienza idrica si traduca presto in realtà.